Esiste un meme molto popolare sui social network in cui l’attrice Erika Girardi pronuncia una celebre battuta della sesta stagione della serie di Bravo TV The Real Housewives of Beverly Hills.
“I’m gonna give the gays everything they want” viene utilizzato con grande efficacia per commentare artisti, designer, produttori o registi che attingono così a piene mani dall’immaginario e dalla cultura queer da far pensare che la loro opera sia, consapevolmente e intenzionalmente, un prodotto pensato per un pubblico LGBTQIA+.
E chissà se qualcuno avrà pensato “darò agli appassionati dell’arte dell’Ottocento tutto ciò che vogliono” quando alla fine di maggio di quest’anno La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea ha annunciato il suo programma estivo anticipando, tra l’altro, il titolo della nuova mostra nel Salone Centrale: Panorama XIX – L’Ottocento nelle Collezioni della Galleria Nazionale, un progetto della direttrice Cristiana Collu con la collaborazione di Chiara Stefani.
L’Ottocento, infatti, non è un periodo come un altro per il museo di Valle Giulia.
La data della proclamazione del Regno d’Italia impressa sulla facciata principale del museo.
Prima di tutto, la fine del XIX secolo è il momento storico in cui la Galleria Nazionale si è formata: a partire dal 1883, la neonata istituzione fa proprio il compito di raccogliere le eccellenze artistiche presenti alle grandi esposizioni d’arte con l’obiettivo di costruire un’identità culturale comune che potesse rappresentare il nuovo Stato unitario. Nel 1911 Cesare Bazzani progetta il Palazzo delle Belle Arti per l’Esposizione Universale di Roma, nel Cinquantenario dell’Unità d’Italia. Tre anni più tardi l’edificio, tra i pochi dell’esposizione a essere stato pensato come permanente, accoglie la Galleria diventandone la sede definitiva.
Uno dei leoni di Davide Rivalta sulla scalinata di accesso al museo.
Nel XIX secolo la Galleria Nazionale affonda le proprie radici, e la nuova mostra presenta al visitatore quel processo di graduale accumulo che le ha dato origine, insieme alla sua varietà, e a quella commistione tra generi che ha reso l’Ottocento il secolo che apre alla modernità. Il numero delle opere raccolte nei primi anni di vita del museo è così rilevante che già nel 1933, ad opera dello stesso Bazzani, il Palazzo delle Belle Arti raddoppia la propria superficie espositiva grazie a quell’ampliamento che possiamo riconoscere oggi nei settori 3 e 4 del museo.
Allo stesso tempo, il modo in cui la Galleria Nazionale si è relazionata con le sue collezioni dell’Ottocento è stato uno dei temi di dibattito che hanno accompagnato gli otto anni di Cristiana Collu alla direzione del museo. È una discussione che, almeno in parte, nasce da un equivoco: l’idea che il museo di Valle Giulia continui a essere la GNAM, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna, e che per questo debba scrupolosamente – e anche un po’ ossequiosamente – valorizzare e presentare al visitatore opere, preferibilmente italiane, che spaziano dalla fine del XIX alla prima metà del XX secolo.
È un fraintendimento che si è probabilmente consolidato già qualche anno fa, quando sembrava che la GNAM stesse per passare il testimone dell’arte contemporanea a un nuovo museo nazionale ad essa interamente dedicato. Una staffetta ideale, con il passaggio al XXI secolo come limite naturale, che però non è mai giunta al traguardo, perché il MAXXI appena inaugurato prese una strada differente, sia dal punto di vista della produzione culturale che del modello di gestione – una fondazione che si è di fatto sottratta al sistema museale nazionale – mentre la Galleria ha riscoperto una missione che aveva già al momento stesso della sua fondazione: occuparsi dell’arte del tempo presente, a partire dal momento della sua istituzione.
Si inizia alla fine dell’Ottocento, naturalmente, ma poi si prosegue fino ai giorni nostri e a quelli che verranno, seguendo il principio secondo il quale l’arte è sempre contemporanea; e per questo, nonostante la scritta che sovrasta l’ingresso monumentale non sia mai stata aggiornata, il nome completo del museo è oggi Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea.
In questi anni non si sono mai del tutto sopite le critiche di chi vorrebbe riempire le sale del museo di tele di Palizzi o di Segantini riportando nei depositi (o forse cedendo?) quelle di Pollock, Warhol o Rondinone; e viene da chiedersi che destino attenderebbe i Fontana, i Burri o i Capogrossi, italiani, sì, ma non ottocenteschi. Contestazioni a volte brevi e rumorose, altre volte solo sussurrate ma incessanti, hanno troppo spesso dimenticato che quello di apertura al contemporaneo della Galleria è un processo che ha radici ben più antiche dell’attuale direzione.
In realtà l’Ottocento non è mai davvero scomparso dalle sale della Galleria: a Valle Giulia è stato al centro di mostre bellissime, come Ragione e Sentimento e a Distanza Ravvicinata, e oggetto di particolare attenzione in ricorrenze annuali come la Giornata del Paesaggio o le Giornate Europee del Patrimonio, mentre all’estero è stato protagonista di prestiti importanti che hanno fatto scoprire il valore e il prestigio della più completa collezione dedicata all’arte italiana e straniera dal XIX secolo a oggi a un pubblico che non aveva ancora avuto occasione di conoscerla.
Come ricorda Chiara Stefani in un testo particolarmente appassionato di presentazione della mostra, il nostro Ottocento – viaggiando dalla Galleria verso quelle sedi di prestigio in Italia, in Europa e oltre Oceano che hanno cominciato ad includerlo nel contesto dei loro progetti espositivi – ha lavorato per sé stesso, e per tutti noi.
Opere di Liliana Moro, Alberto Burri e Michele Cammarano nella Sala della Guerra della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
Oggi a Valle Giulia l’arte del XIX secolo è tutt’altro che assente; la sua è una presenza discreta per natura e non ha quel carattere di alterità proprio di alcune opere a noi temporalmente più vicine; per questo motivo può risultare rassicurante per la sensibilità di quei visitatori che, soprattutto a Roma, hanno una naturale familiarità con l’arte che chiamiamo classica e considerano, di converso, alieno e straniante il moderno (intendendo con questo termine quello che è in realtà contemporaneo); per questo motivo le gigantesche tele delle battaglie di Michele Cammarano nella Sala della Guerra appaiono quasi invisibili mentre esporre accanto a loro Emilio Vedova e Alberto Burri sembra un’oltraggio; più semplicemente, nelle sale del museo l’arte del XIX secolo oggi è soltanto non abbastanza predominante da soddisfare chi a Viale delle Belle Arti si aspetta di trovare il grande museo dell’Ottocento italiano.
Per tutte queste ragioni apprendere che il tema della nuova mostra nel Salone Centrale sarebbe stato proprio l’Ottocento – e sapendo allo stesso tempo che sarà l’ultima della direzione Collu che è giunta a fine mandato – avrà indotto più di qualcuno a pensare che questo potesse essere il progetto più politico dei suoi otto anni di direzione e che fosse l’ultima occasione per dare finalmente agli estimatori dell’arte del XIX secolo everything they want.
“Cesseranno così […] le polemiche, le proteste e le accuse rivolte alle competenti autorità d’aver sottratto per molti anni all’ammirazione del pubblico un notevole quantitativo di quadri e molte statue del periodo ottocentesco per dar posto alle opere degli avanguardisti acquistate nelle grandi esposizioni durante questi ultimi anni”.
DAL Messaggero del 17 novembre 1949
Dal 2016, infatti, l’attività della Galleria Nazionale è scandita da un tempo fuori dai cardini che ha messo in relazione opere e autori di diversi momenti storici senza uno schema rigido o un itinerario di visita predefinito, rendendo il visitatore protagonista e navigatore della propria esperienza museale.
Non è un caso che Time is out of joint sia stata presentato al pubblico non come il nuovo allestimento del museo, ma come una mostra temporanea diffusa in tutti gli spazi dell’edificio del Bazzani, per la quale è indicata ancor oggi la data di inizio, 10.10.2016, ma non quella di fine. Ed è certamente più che una coincidenza che anche di Panorama XIX si conosca la data di apertura, 28.06.2023, ma non quella di conclusione.
Come Time Is Out Of Joint, anche Panorama XIX. L’Ottocento nelle collezioni della Galleria Nazionale è un progetto che Cristiana Collu ha seguito in prima persona, in questa occasione avvalendosi della preziosa collaborazione di Chiara Stefani.
La nuova mostra chiude quindi un cerchio? No, semmai ne apre un altro, e il visitatore lo percepisce immediatamente al suo ingresso nel Salone Centrale. La mostra ne invade lo spazio trasformandolo in una quadreria che conta oltre 200 opere, tra dipinti e sculture; la forbice temporale è quella ampia del long nineteenth century, un secolo esteso i cui limiti naturali vanno necessariamente espansi, portandoli indietro fino al 1789 e spingendoli in avanti, fino al 1914.
Panorama XIX. L’Ottocento nelle collezioni della Galleria Nazionale – Veduta dell’allestimento nel Salone Centrale
La mostra racchiude il suo programma già nel titolo; se il diciannove romano va a identificarne l’ambito temporale, la parola che lo precede, Panorama, è molto più di un termine ad effetto e descrive invece l’approccio con cui il progetto espositivo si propone al visitatore.
Dopo la camera oscura, lo specchio Claude, le lanterne magiche e gli stereoscopi, il diciannovesimo secolo ha voluto esprimere – anche attraverso l’illusionismo dei panorama – la complessità dei processi della visione che concorreranno alla nascita del cinema.
Cristiana Collu, Direttrice della galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
Panorama XIX. L’Ottocento nelle collezioni della Galleria Nazionale – Veduta dell’allestimento nel Salone Centrale
Il primo impatto per il visitatore è mozzafiato, con i dipinti che vanno ad occupare ogni spazio libero sulle pareti, a partire dal pavimento – alcune opere arrivano a toccare terra – fino alla cornice di coronamento del Salone Centrale, architravi delle porte laterali comprese. Ad una osservazione appena più attenta, appaiono brevi elementi di contaminazione con opere contemporanee, video ed estratti cinematografici, tra cui la sequenza del valzer dal Gattopardo di Luchino Visconti, vera e propria colonna sonora dell’esposizione. Non assistiamo quindi alla rivincita dell’Ottocento su Time is out of joint (mai avremmo potuto): il tempo non smette di essere fuori dai cardini.
Panorama XIX non è un progetto tradizionale neppure nell’allestimento, che recupera numerosi elementi dalla mostra – totalmente differente – che l’ha preceduta: due grandi tavoli bianchi dalla forma curvilinea, ereditati da Food Age e solo in minima parte riadattati, ospitano le sculture di piccola e media dimensione. Altre, più grandi, sono disposte a costellare lo spazio o sono raggruppate in una porzione di sala in cui il pavimento – che per il resto è ancora privo del suo tradizionale parquet – continua a essere dipinto di bianco. In un periodo in cui recupero e sostenibilità sono temi attualissimi, vedere delle buone pratiche messe in atto non è scontato e va apprezzato, e questa mostra è vincente anche da questo punto di vista.
Panorama XIX. L’Ottocento nelle collezioni della Galleria Nazionale – Veduta dell’allestimento nel Salone Centrale
Il visitatore è accompagnato nella lettura da una serie di schemi illustrativi che permettono di identificare con precisione le diverse opere e i rispettivi autori, parete per parete; questi sono disponibili sia in formato digitale, scansionando un QR Code, sia in formato cartaceo, stampato su piccoli fogli bianchi che chiunque può staccare dalle pareti e portare con sé.
L’entusiasmo del pubblico in sala è palpabile, tanto che passare del tempo a osservarlo mentre scruta il fitto pattern delle opere sulle grandi pareti è già di per sé un’esperienza. La densità delle opere è certamente inusuale per la Galleria Nazionale, un museo che in questi anni ha avuto il coraggio di destinare sale intere a una sola opera; ma questa straordinaria condensazione, tra l’horror vacui e la Wunderkammer, ha, tra l’altro, il pregio di restituire anche emozionalmente l’idea dell’arte dell’Ottocento come corpo composito e multiforme.
Come uno strumento ottico a scala umana, Panorama XIX diventa così un’occasione per riflettere sulla natura della Galleria Nazionale come è oggi, e permetterà al visitatore di relazionarsi con ciò che potrebbe diventare nei prossimi anni.
Al momento del riordinamento delle collezioni voluto da Palma Bucarelli tra il 1948 e il 1950 la stampa titolava Torna l’Ottocento a Valle Giulia. E non è un caso che Panorama XIX sia stata inaugurata in contemporanea con un altro importante ritorno in queste sale: quello di Pablo Picasso, a 50 anni dalla morte e 70 dalla sua grande mostra del 1953. Non a caso è proprio l’immagine grafica di Picasso Metamorfico a comparire sugli attuali biglietti di ingresso, il cui disegno cambia con regolarità durante le stagioni espositive. Un’attenzione nei confronti dell’illustre ospite, nonostante sia Panorama XIX a essere il vero cuore, anche fisico, della Galleria Nazionale in questa stagione. Da Cristiana Collu non ci saremmo aspettati nulla di diverso.
Le tecniche di realtà virtuale assistite da computer – con lo sviluppo delle interfacce e dell’interattività – sono un’evoluzione dei sistemi di rappresentazione che affondano le loro radici nei dispositivi utilizzati nei secoli scorsi per comprendere, scoprire, ampliare e modificare la visione. L’immersione attraverso le immagini consiste nel provocare un’esperienza soggettiva, quella di trovarsi nello spazio costruito dalla presenza e dalla disposizione delle immagini.
Cristiana Collu, Direttrice della galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
Benvenuti nella realtà reale.
- PANORAMA XIX. L’Ottocento nelle Collezioni della Galleria Nazionale
Un progetto di Cristiana Collu con la collaborazione di Chiara Stefani.
Dal 28.06.2023 alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
Viale delle Belle Arti 131, 00197 Roma
Dal martedì alla domenica dalle 9 alle 19, ultimo ingresso 45 minuti prima della chiusura.
La Galleria garantisce un’accessibilità totale alle persone con disabilità grazie all’ausilio di ascensori, pedane elevatrici e servizi adeguati.
Sono a disposizione del pubblico due carrozzine anche per uso in autonomia.
Foto: Paolo Olivi @PaoloFM. Per gentile concessione della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea.