Due anni fa la Galleria Borghese ha avviato un progetto di ricerca incentrato sui temi della natura e del paesaggio, che sono presenti in diversi modi all’interno della collezione del museo. Questo percorso ha fatto da filo conduttore alle mostre che si sono avvicendate nelle sale della Galleria, a partire da Guido Reni a Roma. Il Sacro e la Natura, che ha celebrato il ritrovato dipinto della Danza campestre, passando per Tiziano. Dialoghi di Natura e di Amore, una mostra focus organizzata in occasione del prestito di Ninfa e pastore dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, per proseguire con Meraviglia senza tempo, dedicata alla pittura su pietra a Roma tra Cinquecento e Seicento.
Questa ricerca si conclude oggi con la nuova mostra Dosso Dossi. Il fregio di Enea, a cura di Marina Minozzi, la prima dedicata a quel particolare ciclo pittorico del maestro ferrarese.
Ma a porsi in perfetta continuità con le indagini sul rapporto tra arte e natura che hanno caratterizzato la direzione di Francesca Cappelletti è anche la seconda esposizione attualmente in corso, Giuseppe Penone. Gesti Universali, a cura di Francesco Stocchi, con la quale la Galleria Borghese è tornata ad aprirsi al contemporaneo a due anni di distanza dall’Archaeology Now di Damien Hirst.
In questi giorni gli spazi del museo si trovano quindi nella condizione, inusuale per la Galleria, di ospitare contemporaneamente due mostre distinte: Giuseppe Penone. Gesti Universali è stata infatti inaugurata il 14 marzo scorso e resterà aperta fino al prossimo 28 maggio, mentre Dosso Dossi. Il fregio di Enea l’ha seguita a distanza di tre settimane, aprendo al pubblico il 4 aprile, e sarà visitabile fino all’11 giugno 2023.
A rendere possibile questa stimolante compresenza è, tra l’altro, la scelta di selezionare solo alcuni specifici luoghi del museo per ospitare gli allestimenti temporanei, senza che nessuno dei due progetti prevalga sull’altro e senza coinvolgere la totalità delle sale.
Giuseppe Penone, Sguardo Vegetale (1995)
Gesti Universali presenta una selezione di oltre trenta opere realizzate da Giuseppe Penone a partire dagli anni Settanta e si sviluppa in alcuni ambienti significativi del piano terra della Galleria per poi proseguire all’aperto, nei giardini segreti.
Il fregio di Enea raccoglie invece cinque delle dieci tele che Dosso Dossi dipinse come fascia di coronamento per le quattro pareti del Camerino d’Alabastro del Duca Alfonso I d’Este a Ferrara. Alla Galleria Borghese le opere sono presentate in un seducente allestimento nella Loggia di Lanfranco, dove sono anche raccolte per l’occasione tre opere di Dossi già nella collezione della museo.
Giovanni Francesco di Niccolò di Luteri, detto Dosso Dossi, La riparazione delle navi troiane (1518-1519 ca. – particolare).
Washington, DC National Gallery of Art, Samuel H. Kress Collection
In questo modo al visitatore sono offerte tre esperienze insieme, perché diversi ambienti del museo non sono coinvolti negli allestimenti delle due mostre e si presentano nella loro conformazione abituale: la Sala della Paolina e quella del David, sul lato orientale, la Sala del Sileno con le opere di Caravaggio e la Sala Egizia su quello occidentale e la piccola Sala dell’Ermafrodito non sono interessate dalle installazioni temporanee, e così pure l’intera Pinacoteca al primo piano, con la sola eccezione della Loggia.
In questi spazi l’esperienza di visita è quindi quella classica della Galleria Borghese.
Giuseppe Penone. Gesti Universali. Veduta dell’allestimento nel Salone di Mariano Rossi.
Per chi inizierà la visita dal secondo piano, invece, sarà invece la Loggia di Lanfranco a mostrarsi subito in una nuova veste, grazie a un progetto di allestimento tanto discreto e raffinato nell’esecuzione quanto radicale nella capacità di restituire all’osservatore una lettura profondamente rivisitata dello spazio architettonico.
Dosso Dossi. Il fregio di Enea. Veduta dell’allestimento nella Loggia di Lanfranco.
Per questa mostra sono riunite per la prima volta in un unico spazio cinque delle dieci tele che componevano il fregio di Enea. Dosso Dossi le aveva dipinte ispirandosi a alcuni episodi del poema virgiliano e di tutte esiste una ampia traccia documentale, ma ad oggi ne sono state ritrovate soltanto sette.
Il progetto è frutto di una collaborazione ambiziosa tra la Galleria e il Louvre Abu Dhabi, la National Gallery of Art di Washington D.C. e il Museo del Prado di Madrid, mentre una quinta tela proviene da una collezione privata.
Come per altre recenti occasioni espositive, anche per il fregio si tratta di un ritorno alla Galleria Borghese: durante il primo decennio del XVII secolo, infatti, quasi tutto il contenuto del Camerino, conosciuto come uno degli ambienti decorati più leggendari del Rinascimento, si era riversato a Roma, in seguito alla morte di Alfonso I d’Este nel 1534 e alla Devoluzione, che nel 1598 aveva ricondotto Ferrara nei territori della Chiesa.
Nel 1608, infatti, arrivano a Roma anche i dieci dipinti, lunghi e stretti, che avevano composto il fregio sopra ai Baccanali e lo sappiamo attraverso un carteggio che si snoda fra Roma, Ferrara e Modena, con i sodali del nuovo cardinal nepote, Scipione Borghese, che cercano di procurargli, di volta in volta in collaborazione e in contrasto con Cesare d’Este, quanto era rimasto in alcuni camerini del Castello. Arrivano così a Roma, probabilmente nella prima residenza del cardinale in Borgo, tutti gli episodi del fregio di Enea di Dosso Dossi, oltre ad altre opere del grande pittore ferrarese, originale interprete del paesaggio e della possibilità di renderlo con un accento fantasioso il luogo del mito, di animare gli spazi delle campagne e delle coste con una miriade di figure piccole o di farvi campeggiare personaggi isolati, cantori o maghe, provenienti dalla poesia antica o dai versi di Ludovico Ariosto.
Francesca Cappelletti, Direttrice.
Dosso Dossi. Il fregio di Enea. Veduta dell’allestimento nella Loggia di Lanfranco.
Le tele del fregio hanno tutte uno sviluppo fortemente orizzontale e delle leggere differenze dimensionali, testimonianza della loro storia travagliata. L’allestimento espositivo le presenta in serrata successione, su cinque differenti pannelli accostati tra di loro e che vanno a sovrapporsi, opportunamente distanziati, alla parete esterna della Loggia, le cui finestre sono state oscurate per l’occasione.
Oltre a fare da eco al formato orizzontale delle tele, la conformazione leggermente curvilinea dei cinque pannelli serve anche a guidare il visitatore attraverso la lettura del ciclo che, seppure incompleto, trova degli ideali punti di partenza e di conclusione nei due dipinti della Melissa e di Apollo, che sono esposti sui lati corti della Loggia.
Giovanni Francesco di Niccolò di Luteri, detto Dosso Dossi, Melissa (1518 ca.) e Apollo (1525 ca.)
L’illuminazione ambientale è fortemente attenuata, e questo permette alle cinque tele del fregio di apparire perfettamente leggibili senza che la sorgente luminosa sia percepita, come se risplendessero di luce propria. Le tre tele della Galleria che si propongono come complemento ideale del fregio sono invece illuminate, oltre che nella superficie pittorica, anche nei loro elementi di cornice e in quelli architettonici e decorativi immediatamente circostanti, tutti fatti risaltare in modo molto suggestivo.
Al centro: Giovanni Francesco di Niccolò di Luteri, detto Dosso Dossi, Santi Cosma e Damiano (1520-1522 ca.)
A curare l’allestimento è ancora una volta la squadra dell’architetto Paolo Bertoncini Sabatini, interprete sempre efficace degli spazi della Galleria, con l’architetto Egidio Ferrara a curare il progetto di luce.
Forte di un’esperienza maturata con mostre di grande successo come quelle dedicate a Bernini, Valadier, Damien Hirst e, solo pochi mesi fa, Meraviglia Senza Tempo, l’allestimento rispecchia non solo uno studio approfondito delle caratteristiche che rendono la Galleria Borghese uno spazio museale così speciale, ma anche una loro comprensione intima, difficile da eguagliare.
Per Dosso Dossi. Il fregio di Enea gli elementi dell’allestimento sono improntati alla linearità – profili sottili verniciati in oro a riprendere il colore delle grandi cornici orizzontali e ampie partiture in tessuto celeste perché il colore, come sempre, è un elemento di grande importanza nella Galleria – e si presentano discreti, complementari e non competitivi, nonostante la loro presenza sia determinante dal punto di vista spaziale.
Come i fili sottili e invisibili con cui vengono animate le marionette, componenti apparentemente accessorie come i supporti per le targhe descrittive o gli elementi di seduta a disposizione informano il pubblico – in ogni senso possibile – e ne guidano l’esperienza di visita.
Nei dipinti di Dosso Dossi è presente una sorta di paesaggio universale, un campionario di elementi: le coste, il mare, le colline, le città in costruzione, il paesaggio infernale, che Enea osserva scendendo nel mondo ultraterreno. Nello stesso tempo l’eroe in viaggio verso la fondazione di una nuova patria, sottolinea la centralità di Roma, nel Cinquecento e nel Seicento, per gli artisti europei.
Giuseppe Penone. Gesti Universali. Veduta dell’allestimento nel Salone di Mariano Rossi.
Scendendo al piano inferiore, con Giuseppe Penone. Gesti Universali le opere esposte acquistano immediatamente una maggiore tridimensionalità; le sculture, com’è ovvio che sia, ma anche i pannelli a parete. Bertoncini Sabatini non è solito ripetersi, e il progetto espositivo per Gesti Universali non fa eccezione: l’allestimento entra in risonanza con la diversa matericità, come si nota immediatamente dal disegno degli elementi che funzionano contemporaneamente da basamento e da ancoraggio a terra degli Alberi scolpiti da Penone nel legno di cedro e di abete che si stagliano contro il cielo del soffitto affrescato del Salone di Mariano Rossi.
Da sempre immersa nella storia, la pratica artistica di Giuseppe Penone presenta una continua alternanza tra scultura e natura. La mostra Gesti Universali si inserisce nel percorso di visita alla Galleria Borghese con un duplice sguardo – indagando il confronto tra la rappresentazione della natura e il tempo di un passato storico – e con il gesto di iscrivere opere organiche all’interno di una dimensione prettamente minerale.
Francesco stocchi, Curatore.
Giuseppe Penone, Respirare l’ombra (2000), particolare dell’allestimento nel Salone degli Imperatori.
Anche se quella di Penone è una mostra che coinvolge un maggior numero di sale rispetto a quella di Dosso Dossi, per le caratteristiche intrinseche delle opere l’impatto dell’allestimento è quasi impercettibile. Il suo cuore pulsante è naturalmente il Salone di Mariano Rossi, mentre altre due opere sono presentate nel Salone degli Imperatori, che si trova immediatamente alle sue spalle. Si rinuncia, saggiamente, a entrare in competizione col gruppo berniniano del Ratto di Proserpina; quest’ultimo entra invece direttamente in relazione con lo spazio adiacente grazie alla felice intuizione di rimuovere la porta che abitualmente separa i due Saloni.
Gian Lorenzo Bernini, Enea, Anchise e Ascanio (1623) – Giuseppe Penone, Pelle di cedro – oro (2003)
Gian Lorenzo Bernini, Enea, Anchise e Ascanio (1623) – Giuseppe Penone, Pelle di marmo e spine d’acacia – Petra (2007)
Un dialogo più forte si stabilisce invece nelle sale più piccole, dove sia il gruppo di Enea e Anchise che quello di Apollo e Dafne si trovano al centro di due coppie di opere di Penone esposte a parete. Nel primo caso la relazione è più sottile, e si sviluppa sul tema dell’identità e della sofferenza, tra pelle accartocciata e spine d’acacia. Nel secondo caso, invece, la corrispondenza tra l’alloro di Bernini e quello di Penone è talmente immediata da essere quasi sfacciata.
Gian Lorenzo Bernini, Apollo e Dafne (1622-1625) – Giuseppe Penone, Respirare l’ombra (2000)
La scelta di non coinvolgere ulteriori sale del piano terra nell’esposizione temporanea è coerente dal punto di vista planimetrico e spaziale; è forse meno riuscita da quello percettivo e emozionale, perché se è semplice per il visitatore riconoscere l’alterità della Paolina, e quindi capire perché non sia posta in relazione con un’opera in mostra, si rischia invece di restare spaesati dal fatto che il David è l’unica scultura di Bernini della Galleria a non essere coinvolta nell’allestimento e ci si ritrova a cercare istintivamente a cercare un Penone che non c’è; e forse avrebbe potuto esserci, anche per la peculiarità della sala in cui è collocata, anche a costo di rompere la simmetria dello schema planimetrico della mostra.
Ma non c’è davvero tempo a disposizione per farsi delle domande: è il momento di uscire all’aperto, dove Gesti Universali si sta impossessando degli spazi dei giardini segreti della Galleria: il giardino dell’Uccelliera, gli ambienti dell’Uccelliera stessa, e il giardino della Meridiana, che in occasione della mostra viene eccezionalmente aperto al pubblico.
Giuseppe Penone, Pensieri di foglie (2014) e Sguardo Vegetale (1995): allestimento negli spazi dell’Uccelliera.
È in questi spazi che sono presentate alcune delle opere di Penone più affascinanti: se i Gesti Vegetali si mimetizzano con il disegno dei giardini, le sculture a scala monumentale – Artemide, Equivalenze e Spazio di luce – si impongono con la loro presenza; tutte insieme, in notturna, sono valorizzate dal progetto di luce di Egidio Ferrara che riesce a rendere fruibili e apprezzabili dei luoghi che normalmente sono del tutto privi di illuminazione artificiale.
L’auspicio è che con la bella stagione la Galleria Borghese torni a proporre i suoi turni di apertura serali: con l’ora legale ormai in vigore il museo chiude infatti prima del tramonto.
Giuseppe Penone, Spazio di luce (2008, particolari)
Il respiro è scultura.
Giuseppe Penone.
È la scultura della pietra intrusiva,
della crescita di un ramo,
della fusione in bronzo.
Per un museo come la Galleria Borghese, letteralmente immerso nel verde della Villa fuori Porta Pinciana, il rapporto con la natura e il paesaggio è parte della propria essenza. Le due mostre di Giuseppe Penone e Dosso Dosi non possono che essere intrinsecamente differenti e non tentano neppure di dialogare apertamente, ma è proprio nel genius loci del museo che trovano un inaspettato punto di convergenza.
Non si poteva immaginare modo migliore per concludere il percorso intrapreso dalla Galleria nel 2021. La prossima tappa del viaggio, già annunciata, aprirà un nuovo filone di ricerca, questa volta incentrato sui temi del viaggio e dello sguardo degli artisti stranieri sull’Italia.
- Giuseppe Penone. Gesti Universali.
A cura di Francesco Stocchi.
Dal 14.03 al 28.05.2023
- Dosso Dossi. Il fregio di Enea.
A cura di Marina Minozzi.
Dal 4.04 al 11.06.2023
Galleria Borghese
Piazzale Scipione Borghese 5, 00197 Roma
Dal martedì alla domenica dalle 9 alle 19. Ultimo ingresso alle 17.45.
Prenotazione obbligatoria.
Progetto di allestimento, illuminazione e grafica per le due mostre:
Paolo Bertoncini Sabatini
con Emanuele Carrai, Andrea Crudeli, Leonardo Magursi, Francesca Molle (progetto di allestimento), Egidio Ferrara e Chiara Lamberti (progetto illuminotecnico), Raffaele Cingottini e Marco Fontana (progetto grafico).
Tutte le opere della mostra Giuseppe Penone. Gesti Universali © Giuseppe Penone.
Foto: Paolo Olivi @PaoloFM. Per gentile concessione della Galleria Borghese.