Quella della pittura a olio su pietra è una tecnica antica, citata già all’epoca dell’antica Roma da Plinio; la sua riscoperta in tempi moderni viene fatta risalire all’attività del veneto Sebastiano del Piombo, che la riportò in vita agli inizi del Cinquecento. Il Sacco di Roma, evento traumatico e devastante che sconvolse la città nel 1527, contribuì incidentalmente al successo di questa re-invenzione: tra tavole e tele distrutte nel disastro, i pittori e i loro committenti guardarono istintivamente alla pietra come supporto duraturo in grado di conferire alle opere una maggiore longevità.
Antonio Tempesta, Il passaggio del Mar Rosso (1610 ca.)
Olio su breccia rossa. Budapest, Szépművészeti Múzeum.
A questa tecnica preziosa e particolare è dedicata la nuova mostra con la quale la Galleria Borghese accoglierà i visitatori fino all’inizio del prossimo anno: Meraviglia senza tempo. Pittura su pietra a Roma tra Cinquecento e Seicento, a cura di Francesca Cappelletti e Patrizia Cavazzini, è stata inaugurata il 25 ottobre e si potrà visitare fino al 29 gennaio 2023.
Antonio Tempesta, Caccia al cinghiale (1607-1611 ca.)
Olio su pietra dendritica. Vienna, Kunsthistorisches Museum, Kunstkammer
Il progetto prende le mosse da un percorso di ricerca avviato dalla Galleria durante il periodo della pandemia (le due curatrici sono, rispettivamente, direttrice e membro del comitato scientifico del museo pinciano). Molte delle opere in mostra sono custodite proprio nei depositi di quello che fu il casino di delizie del Cardinale Scipione Borghese, mentre tra quelle in prestito alcune costituiscono dei ritorni al luogo d’origine, avendo fatto parte in passato della collezione, prima che questa venisse in parte dispersa.
È la collezione stessa, raccolta da Scipione Borghese nei primi tre decenni del Seicento, a presentare esempi di pittura su pietra di notevole interesse, mentre il contesto, la diversità di materiali impiegati nelle opere e la loro sintonia con le collezioni storiche non più esistenti di piante, animali e altre curiosità naturali, contribuisce a definire quel senso di meraviglia e di stupore che la accompagna da secoli.
Vedute dell’allestimento. Sala di Didone – Sezione “La pietra dipinta e il suo inventore.”
La pittura su pietra ha in comune con quella su altri supporti non tradizionali, primo fra tutti il rame, la capacità di esprimere tratti incredibilmente precisi – spesso vere e proprie miniature – e la straordinaria brillantezza del colore.
Alcuni materiali, come le lastre di lavagna, venivano considerati rivelatori di valore e verità, per analogia simbolica con la pietra di paragone, che era in grado di svelare l’autenticità dell’oro. In altri casi, il colore fuori dal comune della pietra o le sue straordinarie venature divenivano parte integrante della composizione.
Veduta dell’allestimento. Sala di Ercole – Sezione “Fermare la bellezza.“
La mostra alla Galleria Borghese è articolata in otto sezioni tematiche che permettono di comprendere le caratteristiche e l’unicità di una tecnica così particolare, in tutte le sue differenti declinazioni.
Per ospitarla, il museo romano si apre e accoglie le opere negli ambienti al primo piano, mentre al pianterreno l’esposizione coinvolge solo il Salone di Mariano Rossi.
La scelta è ineccepibile e particolarmente felice, perché permette di posizionare opere di dimensioni differenti tra loro – spesso piuttosto piccole – in spazi calibrati perfettamente da un allestimento innovativo, che propone allo stesso tempo una lettura inedita delle antiche sale.
Veduta dell’allestimento. Loggia di Lanfranco – Sezione “Una devozione eterna come il marmo.”
Al piano terra, dove sarebbe impossibile anche solo immaginare di porre a confronto – se non in competizione – le opere in mostra, minute e preziose, con le grandi sculture di Canova e Bernini o con le tele di Caravaggio, la mostra si concentra invece nel grande spazio centrale, ripensato per accogliere un insieme di pezzi tridimensionali che mostrano come l’utilizzo della pietra possa essere elemento di sintesi tra le due arti sorelle della pittura e della scultura.
Vedute dell’allestimento. Salone di Mariano Rossi – Sezione “La collezione e il colore delle pietre.”
Dipinta, commessa, utilizzata per le decorazioni e i rivestimenti di mobili, tavoli e cornici, la pietra, come materiale artistico, si trova al crocevia di pittura, scultura e architettura. La sua provenienza dalle viscere della terra, i lunghi viaggi che ne portano alcuni esemplari da paesi (o da epoche) lontane verso le botteghe degli artisti, i poteri magici e curativi che le vengono attribuiti, scatenano un interesse e una letteratura che supera i confini delle arti figurative.
Francesca Cappelletti, Curatrice
Veduta dell’allestimento. Sala di Elena e Paride – Sezione “Pietre preziose e colorate.”
Il percorso espositivo risolve anche una criticità che abbiamo già avuto occasione di segnalare: il fatto che la visita alla Galleria Borghese, per esigenze legate alla gestione dei flussi di pubblico, avvenga oggi partendo dalla pinacoteca, al primo piano, e si concluda uscendo dal portico, che è invece uno spazio originariamente pensato come accesso all’edificio.
In passato alcune delle mostre alla Galleria non avevano tenuto in debita considerazione questa anomalia, e i visitatori si erano visti costretti a percorrere un’esposizione a ritroso, partendo dalla fine. Non è così questa volta, perché tutte le sezioni principali si trovano al piano superiore e quella nel salone al piano inferiore può essere letta sia come un prologo che come un epilogo.
L’allestimento è curato da Paolo Bertoncini Sabatini, l’architetto a cui si devono alcune delle riletture più riuscite degli spazi della Galleria degli ultimi anni, tra cui le mostre dedicate a Bernini, Valadier e Damien Hirst. Anche questo nuovo progetto riflette appieno una conoscenza di un contenitore così unico e particolare approfondita e difficile da eguagliare.
Per Meraviglia Senza Tempo le sale della Galleria Borghese non si limitano ad accogliere nuove opere lasciando loro dello spazio sulle pareti o riportando nei depositi uno o più elementi ingombranti della collezione: la mostra diviene piuttosto un’occasione per una nuova lettura d’insieme, in cui contenitore e contenuto non si fermano a dialogare a distanza ma lavorano in accordo, per mostrare al visitatore una nuova versione della Galleria.
Vedute degli elementi dell’allestimento con opere della bottega di Cosimo e Giovanni Castrucci, di maestranze toscane, e di Vincenzo Mannozzi.
Gli elementi su cui si basa il progetto di allestimento sono semplici e efficaci: una serie di basamenti isolati, disposti nello spazio a fare da supporto a opere spesso dal peso considerevole; evocando questo senso di gravitas, è stata data loro la forma di un tronco di piramide.
Le pareti, al contrario, non vengono utilizzate, perché quasi tutte le opere sono sostenute anziché appese; in pochi casi, quando necessario, sarà il basamento stesso a venire estruso in verticale, creando dei parallelepipedi snelli che consentono di esporre anche in verticale, ma senza interferire con la partitura muraria e occupando, all’occorrenza, spazi inediti, come l’imbotte di una finestra o il varco di una porta non utilizzata.
Vedute dell’allestimento. Salone di Mariano Rossi – “La collezione e il colore delle pietre.”
Nel Salone di Mariano Rossi, dove di solito la presenza dei mosaici romani del IV secolo d.C. costituisce un limite alla possibilità di utilizzare lo spazio, una pedana sopraelevata amplia la superficie calpestabile e allo stesso tempo modifica la propria conformazione a seconda delle necessità: si increspa verso il portico, come una colata lavica che si raffredda a contatto con l’acqua del mare, divenendo il basamento su cui esporre alcuni dei pezzi più grandi della mostra: edicole, tabernacoli, orologi, e lo straordinario Stipo Borghese-Windsor in prestito dal Getty Museum di Los Angeles.
Vedute dell’allestimento. Salone di Mariano Rossi – “La collezione e il colore delle pietre.”
Lo stesso basamento si ritrae, fino a far affiorare, rendendolo visibile e godibile, il mosaico centrale; genera poi altri elementi puntuali a sostenere vasi e sculture; e finisce per tracimare nelle adiacenti sale del Sole e degli Imperatori, ripristinando quella connessione col David berniniano e, soprattutto, col gruppo del Ratto di Proserpina della quale la Galleria è priva nell’assetto abituale di fruizione.
La massa imponente della schiena di Plutone, che normalmente può essere solo intravista al di là di una porta a vetri, ora viene quasi risucchiata all’interno dello spazio della mostra; ed è giusto così perché, in fin dei conti, sempre di pietra si tratta.
L’Allegoria del sonno di Alessandro Algardi (1635-1636), abitualmente esposta nella Sala dell’Aurora al primo piano della Galleria, per la nuova mostra entra in rapporto con il Ratto di Proserpina di Gian Lorenzo Bernini (1622).
I visitatori saranno ripagati da una riflessione attenta sul legame tra supporto e significato che è quasi sempre presente. Ad esempio nel mito di Perseo e Andromeda dipinto su lapislazzulo da Antonio Tempesta, ricordiamo che l’eroe quasi scambiò la fanciulla per una statua quando la vide incatenata alla roccia, inseparabile da questa, come la sua immagine non può essere scissa dalla pietra su cui è dipinta.
Patrizia Cavazzini, Curatrice
Un’operazione analoga viene portata avanti dal progetto illuminotecnico: tutte le sale della mostra sono ripensate, i livelli di illuminazione sono ricalibrati e decisamente attenuati, e in perfetta sinergia con gli elementi fisici dell’allestimento, anche la luce e le ombre che essa genera entrano in azione per costruire prospettive e punti di vista inediti.
Opere bellissime e particolari – più di 60 in totale – possono essere ammirate da distanza ravvicinata; quando necessario, la protezione viene affidata a delle teche completamente trasparenti.
Francesco Salviati, Ritratto di Roberto di Filippo Strozzi (1550 ca.); Olio su su marmo africano rosso e nero. Collezione privata.
Jacques Stella (attr.), Il martirio di Santa Caterina d’Alessandria (1630 ca.). Olio su lapislazzuli, finiture in oro, cornice dismalto e cristallo di rocca. Parigi, Galerie Kugel.
Intervenire su un edificio storico è sempre una sfida, e ancora di più se ha le caratteristiche uniche della Galleria Borghese, un luogo in cui la distinzione tra manufatto edilizio, decorazione e opere d’arte è impossibile da individuare; la consapevolezza del carattere temporaneo degli interventi di allestimento e la loro intrinseca reversibilità può portare a chiudere un occhio su un azzardo o una forzatura. Nulla di questo accade con Meraviglie Senza Tempo: il risultato è impeccabile.
L’intervento trae ulteriore forza dal suo essere pienamente contemporaneo – lo noterete, oltre che dall’impianto generale, anche da alcuni dettagli, come la scelta di segmentare dei basamenti che avrebbero funzionato perfettamente se realizzati come un pezzo unico, ma che traggono maggiore forza dal fatto di essere separati e scostati – e non cede mai alle tentazioni del mimetismo, che sia per composizione, disegno o materiali; i nuovi elementi lavorano alla perfezione insieme all’involucro storico e alla ricchezza della sua decorazione, e la Galleria Borghese, in certi suoi passaggi, non è mai sembrata così bella.
Il percorso ci accompagna alla scoperta di una ricchezza nascosta all’interno delle collezioni, ci avvicina a una forma di opera d’arte che si poteva toccare, per osservarla da vicino e con molta attenzione, lasciandosi incantare dall’abilità dell’artista e dall’energia creativa della natura stessa. Un’alleanza che la mostra cerca di riportare al centro del nostro sguardo e del nostro pensiero.
Francesca Cappelletti, Curatrice
- Meraviglia senza tempo. Pittura su pietra a Roma tra Cinquecento e Seicento.
A cura di Francesca Cappelletti e Patrizia Cavazzini.
Dal 25.10.2022 al 29.01.2023 alla Galleria Borghese
Piazzale Scipione Borghese 5, 00197 Roma
Dal martedì alla domenica dalle 9 alle 19. Ultimo ingresso alle 17.45.
Prenotazione obbligatoria.
Progetto di allestimento, illuminazione e grafica in mostra:
Paolo Bertoncini Sabatini
con Emanuele Carrai, Andrea Crudeli, Leonardo Magursi, Francesca Molle (progetto di allestimento), Egidio Ferrara e Chiara Lamberti (progetto illuminotecnico), Raffaele Cingottini e Marco Fontana (progetto grafico).
Foto: Paolo Olivi @PaoloFM. Per gentile concessione della Galleria Borghese.