L’edificio che ospita oggi la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea nasce nel 1911 come Palazzo delle Belle Arti per l’Esposizione Universale di Roma.
Progettato da Cesare Bazzani, è uno dei pochi edifici dell’esposizione – indetta per celebrare il Cinquantenario dell’Unità d’Italia – a non venire realizzato con materiali effimeri, ma a essere pensato per sopravviverle. Come nel caso del padiglione inglese, oggi sede dell’Accademia Britannica, il Palazzo delle Belle Arti diviene, dal 1915, la sede della Galleria Nazionale d’Arte Moderna. In questo modo viene data una sistemazione stabile alla collezione della nuova istituzione culturale, che dal 1885 era ospitata in alcune sale del Palazzo delle Esposizioni di Via Nazionale.
La decisione di creare a Roma un luogo dove raccogliere le eccellenze provenienti da Quadriennali d’Arte ed Esposizioni in tutto il paese rappresenta un gesto politico consapevole di costruzione di un’identità culturale comune, un simbolo per il nuovo Stato unitario. Le opere sono così numerose che già nel 1933 il Palazzo delle Belle Arti raddoppia la sua superficie espositiva con una nuova ala, progettata dallo stesso Bazzani.
L’edificio della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea a Valle Giulia.
L’ampliamento si sviluppa alle spalle dell’edificio originario, con un salto di quota di due metri che segue l’andamento della collina che da Valle Giulia sale verso i Parioli, e riproduce lo schema planimetrico del corpo più a valle.
Come le sale degli attuali settori 01 e 02 della Galleria si sviluppano simmetricamente a destra e sinistra della Sala delle Colonne e sono collegati tra loro dal Salone Centrale, nella nuova ala i settori 03 e 04, numerati in senso antiorario, si dispongono ai due lati del Cortile Centrale. Lo spazio che li collega prende il nome di Corridoio del Bazzani.
I finestroni del lato sud del Corridoio del Bazzani si affacciano sul Cortile Centrale della Galleria Nazionale.
Si tratta di uno spazio complesso e importante per molte ragioni. Dal punto di vista dell’accessibilità, il Corridoio del Bazzani è l’elemento di collegamento che permette ai visitatori di passare da un settore all’altro del museo senza dover tornare alla quota inferiore e poi nuovamente risalire.
Nella sua connotazione spaziale, il Corridoio è invece un ambiente fuori dall’ordinario, con un marcato sviluppo longitudinale, una notevole altezza interna, illuminato da due file di grandi finestroni, cinque per lato. Quelli che affacciano sul Cortile Centrale ricevono l’illuminazione solare diretta durante l’intero arco della giornata, una condizione che non viene considerata ideale per uno spazio museale ma che proprio per questo rende il Corridoio un luogo unico all’interno della Galleria.
Il Corridoio del Bazzani ospita fino al 4/9/2022 la mostra Chiara Bettazzi. Surplace, a cura di Saretto Cincinelli.
Il rapporto con la luce e lo spazio esterno è uno degli assi portanti del progetto di rinnovamento del museo operato sotto la direzione di Cristiana Collu. Ma mentre nelle sale – in cui sono state riaperte e restaurate 43 finestre – la luce del sole è filtrata da tende nelle ore in cui arriverebbe direttamente sulle opere più sensibili, nel Corridoio irrompe senza nessuna mediazione, proiettando sul pavimento prima e sulla parete nord poi il profilo degli infissi dei finestroni. Uno spazio così particolare è allo stesso tempo complesso e stimolante, e i diversi modi in cui è stato utilizzato negli ultimi anni sono altrettanto affascinanti.
Il Corridoio del Bazzani nel 2018.
Il rinnovamento della Galleria sotto il segno di Time is out of joint trasforma inizialmente questo spazio così particolare in una sorta di giardino d’inverno, con i leoni di Davide Rivalta disegnati direttamente sull’intonaco verniciato di bianco a rievocare quelli in bronzo che accolgono il visitatore sulla scalinata di accesso al museo.
All’inizio del 2019, con Joint is Out of Time – un’operazione che ridefinisce nuovamente l’allestimento della collezione permanente attraverso l’innesto di opere di sette artisti contemporanei – nel Corridoio trovano invece posto cinque opere di Elena Damiani.
Il Corridoio nel 2019, con le opere di Elena Damiani per Joint is Out of Time.
Tra il 2019 e il 2020 è la volta di Connection Gallery, un progetto ideato da Massimo Mininni per promuovere il lavoro di giovani artisti chiamati a realizzare un’opera site-specific per quello che la direttrice Cristiana Collu ha definito lo spazio più difficile della galleria.
Bisogna attraversare il corridoio, bisogna passarvi attraverso, guidati da magnifici vettori: le artiste e gli artisti che con i loro progetti e le loro opere trasformeranno lo spazio rendendolo una capsula magica grazie alla fitta rete di connessioni e alla capacità di esaltare la dimensione metaforica della sua funzione architettonica.
Galleria e corridoio sono due parole che condividono una certa sinonimia, un campo semantico; entrambi sono luoghi da attraversare e, se il secondo permette il collegamento di spazi all’interno della Galleria Nazionale, quest’ultima è un punto focale, un insieme di quote e di velocità che definiscono possibili traiettorie per collegarsi con il mondo là fuori, quel fuori di cui facciamo parte e che per essere visto ha bisogno di uno sguardo sbilenco e fuori di sé.
Cristiana Collu, Direttrice della Galleria Nazionale d’arte Moderna e Contemporanea
Connection Gallery, con le opere di Andrea Mastrovito, Invernomuto, Eugenio Tibaldi, Carlo e Fabio Ingrassia.
Connection Gallery porta negli spazi del Corridoio Andrea Mastrovito con Very Bad Things e Invernomuto con Prima delle Sabbie: entrambi lavorano con la luce solare diretta rendendo le proprie installazioni più site-specific che mai. Il terzo e ultimo appuntamento è con la mostra Notturno con figura. Primo corollario sulla vibrazione, a cura di Lucrezia Longobardi: il Corridoio accoglie questa volta un’installazione di Eugenio Tibaldi e di Carlo e Fabio Ingrassia.
Il Corridoio del Bazzani con i leoni di Davide Rivalta e Nazionalismo Domestico di Mateo Maté.
Nell’autunno del 2020 lo spazio torna a essere abitato dai leoni di Rivalta, questa volta non più disegnati ma nella loro forma tridimensionale: tre nuove sculture lasciano infatti la Scalea Bruno Zevi, sul lato opposto di Valle Giulia, e entrano negli spazi interni del museo: due di loro si spingono proprio fino al Corridoio del Bazzani.
Alla fine dell’anno è la volta di Nazionalismo Domestico di Mateo Maté, mostra allestita a porte chiuse in attesa della riapertura dopo il secondo lockdown.
A marzo 2021 la Galleria Nazionale inaugura la grande mostra Io dico Io – I say I, e nel Corridoio viene individuato il luogo ideale per ricomporre Installazione con specchi, un’opera di Ketty La Rocca del 1967 in prestito dal CAMeC della Spezia.
Installazione con specchi, di Ketty La Rocca (1967) nel Corridoio del Bazzani per la mostra Io dico Io – I say I.
È in questa stimolante sequenza di progetti espositivi che va a inserirsi Surplace, la mostra curata da Saretto Cincinelli che fino al 4 settembre prossimo presenta per la prima volta sotto forma di un’unica installazione le opere fotografiche più recenti di Chiara Bettazzi.
L’artista, che vive e lavora a Prato, ha esposto la sua opera Wonder Objects alla Galleria Nazionale alla fine del 2018 come parte della mostra ILMONDOINFINE: vivere tra le rovine; è stata poi tra le artiste di On Flower Power. The role of the vase in the culture of art, kraft and design l’anno seguente.
Chiara Bettazzi, Wonder Objects (2013), alla Galleria Nazionale nel 2018 per ILMONDOINFINE: vivere tra le rovine.
Le opere di Surplace provengono da quattro serie distinte: Still Life (2020), A tutti gli effetti (2021), Aste (2021) e Equilibri precari. Elevazioni (2022).
Così come nelle sue installazioni, anche nei suoi recenti cicli fotografici Chiara Bettazzi propone degli assemblaggi plastici di oggetti di uso quotidiano, la sua personale interpretazione del tema della natura morta.
Chiara Bettazzi. Surplace – Particolari delle opere in mostra.
Si tratta per la maggior parte di oggetti di affezione; quando non è così, sono pezzi da lei scelti personalmente all’interno dei mercatini dell’usato e antiquari. Alcuni degli oggetti ritornano in immagini differenti, stimolando il visitatore a riconoscerli e collegarli tra di loro; tutti hanno una storia, al punto che se il gatto curioso dell’artista si trova per caso a entrare nell’inquadratura, finirà col far parte dello scatto.
Chiara Bettazzi. Surplace – Particolari delle opere in mostra.
Le immagini della serie Still Life sono quelle che si relazionano più direttamente al tema della natura morta, A tutti gli effetti mostra candidamente la provvisorietà del set fotografico in attesa di essere inquadrato, fino a riprodurlo completamente privo di oggetti. Aste li trasforma in trofei surrealisti en surplace, sospesi nel nulla e decontestualizzati, mentre Equilibri precari. Elevazioni, svelando la presenza dell’artista all’interno dell’immagine sottolinea il carattere performativo proprio di ogni natura morta: è infatti l’autore a controllare la disposizione degli oggetti/soggetti – persino quella che appare casuale – secondo regole compositive precise e calcolate.
Nelle sue fotografie Chiara Bettazzi usa unicamente la luce naturale che muta durante il corso della giornata all’interno del suo studio. E Surplace si svolge proprio nello spazio che più di ogni altro, all’interno della Galleria Nazionale, lascia la luce naturale libera di declinarsi nelle sue quotidiane variazioni. Le trentasei opere sono disposte in cinque gruppi, posti esattamente di fronte ai cinque finestroni. Se il contentitore e il contenuto della mostra non avessero ciascuno la propria storia conosciuta, sarebbe impossibile immaginare che non siano stati pensati apposta l’uno per l’altro.
Oggetti fotografati sotto la luce naturale, fotografie esposte nella luce naturale. Con le cornici sottili tutte uguali, la stampa su carta cotone montata su forex priva di vetro e di qualsiasi tipo di riflesso, gli assemblaggi di Chiara Bettazzi sembrano corpi tridimensionali esposti in nicchie scavate nella lunga parete del Corridoio del Bazzani.
Surplace è stata pensata fin dall’inizio come una mostra orientata prevalentemente a presentare la mia ricerca fotografica, anche se l’allestimento implica un calibrato intervento sullo spazio… In precedenza, le fotografie erano state proposte solo occasionalmente e tramite pochi esemplari. Avvertivo, dunque, la necessità di presentare uno o più cicli fotografici nella loro integrità, o comunque di mostrare come la serialità fosse una componente essenziale di quel tipo di lavoro. È quanto ho cercato di mostrare tramite un allestimento pensato esplicitamente per quello spazio specifico, un allestimento che rimanda a un gesto installativo.
Chiara Bettazzi
- Chiara Bettazzi. Surplace
A cura di Saretto Cincinelli.
Dal 5.05 al 04.09.2022 alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
Viale delle Belle Arti 131, 00197 Roma
Dal martedì alla domenica dalle 9 alle 19, ultimo ingresso 45 minuti prima della chiusura.
La Galleria garantisce un’accessibilità totale alle persone con disabilità grazie all’ausilio di ascensori, pedane elevatrici e servizi adeguati.
Sono a disposizione del pubblico due carrozzine anche per uso in autonomia.
Foto: Paolo Olivi @PaoloFM. Per gentile concessione dell’artista e della Galleria Nazionale.